Protagonisti : Eduardo Di Capua

Napoli 12/05/1865 – Napoli 04/10/1917

In salita Tarsia n. 65, nel cuore di Napoli, alle quattro di mattina del 12 maggio 1865, nacque il più grande compositore di canzoni che Napoli avesse mai avuto fino ad allora: Eduardo Di Capua. Al neonato futuro musicista furono dati i nomi di Eduardo, Francesco e Mariano. Agli inizi del Novecento i posteggiatori, generalmente di umili origini, a mala pena sbarcavano il lunario; molti gruppi fecero fortuna all’estero, ma le loro condizioni economiche non si risollevavano mai; forse l’antico modo di vivere alla giornata gli impediva di avere una vocazione al risparmio, e sono leggendarie le loro giocate al lotto, espressione del desiderio di dare una svolta alla propria vita in maniera casuale. La prima tournée estera di Eduardo con il gruppo del padre si svolse a Londra, nel 1888. Ventisettenne, celibe, Eduardo già impartiva lezioni di musica e canto in via Salvator Rosa 211; suo vicino di casa era Giovanni Capurro, che abitava a poche decine di metri, in Villa Brayda. La tournée successiva è datata 1897, partenza il 04 dicembre, e durò fino all’aprile del 1898. Un articolo del periodico “La Tavola Rotonda”, pubblicato a gennaio del 1898, riferisce di questa tournée in Russia: << Eduardo Di Capua, il più geniale dei musicisti napoletani, il compositore delle più deliziose canzoni che ricordiamo, nel suo giro artistico in Russia, ha avuto un vero successo, suscitando il più schietto entusiasmo. Notizie che ci pervengono da Odessa c’informano che il Maestro è fatto segno alle più vive manifestazioni di simpatia, pranzi, cene, divertimenti, tutto in suo onore, e invece di restare pochi giorni in questa città, vi è rimasto tre mesi, dietro le più vive premure ed insistenze di quei cittadini. Le canzoni che colà si gustano e sono più in voga sono le seguenti: “Chitarrata”, “Voga voga “, “‘O fischio “, “Tarantì, tarantella!...”, “Margarita”, “Funiculì” e “Carmela”. Al bravo Maestro i nostri più sinceri rallegramenti.>>

Testimonianze e ricordi

Ricordo di G.Tètamo
Ricordo, in una sera dell’anno 1914, stava fermo a Piazza della Borsa, nell’attesa di un tramway che mi trasportasse alla piazza della stazione, immerso chi sa in quali pensieri: una mano poggiarsi sulla mia spalla, e simultaneamente una voce domandarmi: <> mi fece voltare di scatto. << Oh, sei tu!>> Stretta di mano cordiale e scambio di una amicale risolino. <> <> e indicai un tramway, il n. 3 che di già avanzava attraversando la via De Pretis. <> <> E infilando il suo braccio al mio, un po’ strascicante nel passo, che soffriva maledettamente per i calli ai piedi, mi condusse a un bar lì vicino, a pochi passi dalla fermata dei tramways. Il discorso, fra un sorso e l’altro dell’aromatica bevanda, cadde naturalmente sulle canzoni, si citavano gli autori, suddividendoli in due fazioni, gli autentici e gli apocrifi, e quando citai, come uno dei migliori e geniali musici della canzone, Salvatore Gambardella, egli, Eduardo Di Capua, mi tese la mano in uno scatto di fervida spontaneità e strinse la mia forte, forte. <> non trascrivo quante altre lodi egli mi prodigasse a tal riguardo, per amore di brevità. Si compianse insieme Gambardella, con rammarico profondo, perché la canzone aveva perduto un suo entusiasta cultore. Alla fine Di Capua concluse: <> Finsi lo gnorri. <> e sorrisi. Sorrise anch’egli, di quel suo sorriso bonario e schietto, e insistette: <> <> Si divenne tristi. Uscimmo dal bar, e nel congedarci, Egli volle insistere ancora: << Ti ricorderai?>> <> << Fosse ‘o Dio>> concluse. E ridemmo, ridemmo allora, ma di un riso convulso, quasi amaro. Oggi mio buon amico, mio caro Di Capua, nel riempire queste bianche cartelle, è tutto il mio pensiero devoluto a te; e ottempero, sebbene non l’abbia formalmente assunta la promessa, a quanto Tu gradivi ti fosse reso. Ma ho pensato che alla mia modesta penna sarebbero mancate le frasi e le espressioni e i concetti a che la tua Arte geniale fosse stata messa nel rilievo meritato; ed ecco che son ricorso all’ausilio di un Tuo carissimo amico, che ebbe con Te comuni le prime gioie e amarezze in quella suggestiva Arte semplice e sincera di esclusiva napoletanità, al vegliardo Pasquale Cinquegrana, che oggi se ne vive appartato e lontano dal nostro riddante caotico mondo della canzone; ed egli, il buon Cinquegrana, non ha saputo negarvisi, e ad Aniello Costagliola, il critico più acuto e profondo, oltre che letterato di vaglia, delle caratteristiche del nostro popolo, ed ancor egli vi ha aderito. Commosso per Tuo ricordo, compreso di gratitudine per questi due artisti nostri, i cui scritti qui appresso riprodotti onorano e consacrano il tuo genio, ancora un pensiero mando a Te, che resti l’immortale autore di ‘O sole mio.